La disponibilità di metodi affidabili di individuazione di Coxiella burnetii è uno dei principali punti critici nel controllo della diffusione della febbre Q. Il miglioramento di tecniche diagnostiche come ELISA e PCR ha portato a una migliore comprensione dell’epidemiologia e delle vie di diffusione della febbre Q nei ruminanti, tenendo conto che i ruminanti sono considerati la fonte principale e il principale serbatoio dell’infezione umana.
Nel 2007, Guatteo ha testato un totale di 145 bovine infette, nelle quali sono stati raccolti, a cadenza settimanale per sette prelievi consecutivi, campioni di latte, muco vaginale e feci. In base a questi risultati è stato rilevato che più di una via di eliminazione si verifica allo stesso tempo, che il latte è la via di escrezione più persistente, mentre l’escrezione vaginale è limitata nel tempo. Tuttavia, il rischio di infezione nell’uomo per ingestione di latte crudo contaminato è trascurabile, come dichiarato dal parere scientifico dell’EFSA pubblicato nel 2010.
Per quanto riguarda la diffusione di Coxiella burnetii nell’allevamento di bovine da latte Valla e coll. e Vicari e coll. hanno testato rispettivamente 344 e 780 allevamenti di bovine da latte italiani per la ricerca di Coxiella burnetii nel latte di massa mediante PCR rilevando una percentuale di positività rispettivamente del 40,1% e del 43% (vedi tabelle 1 e 2).
SINTOMATOLOGIA CLINICA
Nei bovini, l’infezione dovuta a Coxiella burnetii decorre spesso in modo subclinico. I segni clinici più frequentemente osservati sono correlati a disturbi riproduttivi come aborto tardivo, mortalità neonatale, nascita di vitelli disvitali e parto prematuro. Inoltre, la febbre Q è anche associata ad un aumento del rischio di ritenzione della placenta e di metrite/endometrite, principalmente a causa dell’azione diretta del batterio stesso o in conseguenza agli episodi abortivi che predispongono alla ritenzione placentare (vedi schema 1).
Nel corso di un’indagine condotta in Francia nel 2017, la febbre Q è risultata essere la seconda causa di aborto nei bovini dopo Neospora, con oltre il 10% degli aborti correlabili a febbre Q (vedi schema 2).
Al fine di comprendere nel modo migliore il ruolo di Coxiella burnetii nell’aumento del rischio di metrite e endometrite nei bovini, è opportuno ricordare che dopo il parto il lume uterino è frequentemente contaminato da una vasta gamma di batteri come Escherichia coli, Trueperella pyogenes e altri batteri. Se l’involuzione uterina decorre in modo normale e l’attività delle cellule coinvolte nell’immunità dell’ospite è buona, la guarigione o clearance dell’infezione si ottiene in 2-7 settimane. Tuttavia, se la funzione dei neutrofili è compromessa, possiamo avere la persistenza delle cellule poli-morfo nucleate, fatto che costituisce la caratteristica principale dell’endometrite subclinica.
Per quanto riguarda il possibile ruolo di Coxiella burnetii nella patogenesi delle infezioni post-partum, è importante ricordare che i macrofagi e i monociti, compresi i macrofagi uterini, sono i bersagli preferiti di Coxiella burnetii. La riduzione dell’efficienza della risposta immunitaria a livello uterino può portare quindi ad un aumento del rischio di metrite e endometrite (vedi schema 3).
Questa ipotesi è stata recentemente confermata dai dati pubblicati nel 2018 da De Biase, in cui viene riportato che “la valutazione immunoistochi- mica delle biopsie eseguite nel caso di PCR-positive a Coxiella burnetii ha consentito l’identificazione, per la prima volta, della presenza di Coxiella burnetii nei macrofagi nell’endometrio delle bovine”.
Inoltre nel 2014 è stato condotto uno studio con l’obiettivo di valutare la prevalenza dell’infezione da Coxiella burnetii in allevamenti da latte italiani eseguito mediante valutazione della presenza del batterio in campioni di latte di massa in PCR e la possibile correlazione della positività rilevata con un’incidenza di aborto superiore al 5% e un’incidenza di metrite/clinica e di endometrite/clinica superiore al 15-17%.
STUDI DI CAMPO
Nella prima parte dello studio sono stati raccolti campioni di latte di massa da 344 allevamenti di bovine da latte italiane. Nella seconda parte dello studio, da 246 delle 344 aziende testate, sono stati raccolti dati sull’incidenza di metrite/endometrite clinica e di aborto: 138 su 344 aziende testate (40,1%) sono risultate positive. Per 246 delle aziende incluse nella seconda parte dello studio, sono disponibili informazioni anamnestiche riguardanti la presenza di un’incidenza significativa di aborto e metrite/endometrite clinica e 106 allevamenti sono risultati positivi (43,1%).
La differenza tra mandrie positive e negative per Coxiella burnetii in PCR su latte di massa, per quanto riguarda l’incidenza di aborti, non è risultata essere statisticamente significativa. La differenza tra mandrie positive e negative per PCR di Coxiella burnetii su latte di massa, per quanto riguarda l’incidenza di metrite/endometrite clinica, è risultata essere statisticamente significativa con una probabilità di circa 2,5 volte maggiore per le mandrie positive di mostrare un’elevata incidenza di metrite e/o clinica endometrite.
In un altro studio, condotto in Francia, è emerso che le bovine sieropositive avevano un rischio di aborto 2,5 volte maggiore e un rischio di 1,5 volte maggiore per ritenzione placentare (vedi tabella 3).
DIAGNOSI EZIOLOGICA
In considerazione del fatto che nell’infezione da Coxiella burnetii nessun segno clinico può essere considerato patognomonico, la diagnosi di febbre Q può essere raggiunta solo mediante il supporto di test di laboratorio. A questo riguardo si possono distinguere due metodi principali: la rilevazione di anticorpi anti-Coxiella burnetii, che costituisce la diagnosi indiretta, e l’identificazione del batterio stesso, che caratterizza la diagnosi diretta.
Attualmente sono disponibili in commercio tre diverse tecniche per rilevare gli anticorpi anti-Coxiella burnetii: test di fissazione del complemento, o test CFT, immunofluorescenza indiretta, o test IFT, ed ELISA. Il test più ampiamente utilizzato è il test ELISA perché è facile da usare e ha un costo accettabile che consente di utilizzare questo test per ricerche epidemiologiche. Recentemente è stato reso disponibile un test ELISA di laboratorio che è in grado di distinguere tra gli anticorpi in fase I da quelli in fase II.
L’aumento degli anticorpi di fase II si verifica prima di quello degli anticorpi della fase I, i quali tuttavia durano più a lungo.
La diagnosi diretta si basa sull’identificazione del batterio da diversi organi o matrici. L’isolamento batterico è difficile da attuare a causa del rischio di infezione dell’operatore.
Tuttavia, poiché è resistente agli acidi, Coxiella burnetii può essere identificata con diversi metodi basati sulla colorazione differenziale. Questa metodica è utilizzabile sulle placenta, sulle perdite vaginali, sui tessuti di feti abortiti ed è applicabile solo nel caso di infezioni massive, poiché il limite di sensibilità è piuttosto alto. La PCR è considerata il metodo gold standard per la diagnosi diretta di Coxiella burnetii e può essere utilizzata per rilevare il batterio negli organi, nelle perdite vaginali, nel feto e anche nel latte e nell’ambiente.
CAMPIONI IDEALI
I campioni prelevati in caso di aborto dalla placenta e dal feto, oppure dal muco vaginale, entro un periodo di 7 giorni dopo l’aborto sono perfetti per ottenere una diagnosi accurata.
In caso di un’elevata incidenza di metrite/endometrite si suggerisce di rilevare la possibile presenza di Coxiella burnetii nelle secrezioni vaginali durante il periodo post parto.
Campioni di latte di massa possono essere utilizzati per valutare la presenza dell’infezione e per eseguire indagini epidemiologiche (vedi schema 4).
Recentemente è stato sviluppato un albero diagnostico che può essere utilizzato in caso di aborto e nel caso di un’elevata incidenza di ritenzioni di placenta e metrite/endometrite (schema 5).